Il filo conduttore del mio modo di fare arte è quello di far uscire sempre i miei pensieri fugaci dalla tela pieni di energia, ma anche con le mie foto o nelle mie sculture. Sempre alla ricerca di nuove forze e nuovi equilibri da cui attingere. Non importa se tutto questo avviene in un vuoto astratto, o in un frutto dell’immaginazione, un esercizio spirituale. Alla fine rimarr il senso del nulla, che alla base del nostro pensare, e che gioca sempre oltre ogni confine temporale.
Le opere sono spesso realizzate in serie, numerate o con titoli. Non mi piacciono le opere senza titolo e non realizzo mai opere senza intenzione. Tecnicamente, i dipinti sono realizzati con vernice acrilica su tela realizzata su telai di legno spessi 4 cm. Le foto sono numerate e stampate su supporto in alluminio (dibond). La scultura è stata creata dal materiale e dal materiale passato è stata utilizzata per essere utilizzata.
mobile 00393482868638 – 0039 3338863547 – sito web – www.gabrieldegaudi.com – fb: Gabriele de Gaudi – istag. @gabrieldegaudi8778 – you tube: Gabriel de Gaudi
ricerca artistica : Il filo conduttore che guida il mio modo di fare arte è seguire sempre spazi mentali energici e veloci, pensieri in corsa, le loro tracce che vengono poi impresse sulla tela, nelle fotografie o nelle sculture. Si racconta sempre come nei giorni di sbornia, da cui attingere nuove forze e nuovi equilibri. Non importa se tutto questo avviene in un vuoto astratto, come un parto dell’immaginazione, un esercizio spirituale. Alla fine resterà la consapevolezza del nulla, che sta in fondo al nostro pensiero, e che gioca sempre oltre ogni limite temporale.
Le opere sono spesso realizzate attraverso serie contrassegnate da numeri di serie o con titoli, non mi piacciono le opere senza titolo. Non realizzo mai opere senza senso. Tecnicamente, i dipinti sono realizzati con colori acrilici su tela che è montata su telai di legno di 4 cm di spessore. con angoli ad incastro con cunei, le fotografie sono numerate e stampate su un supporto in alluminio (dibon) le sculture hanno generalmente materiali scelti per il loro valore concettuale sulla linea della tipologia del significato dell’opera.
Notizie biografiche
1988: diplomato all’Accademia di Belle Arti nella sezione pittura – Urbino
1989: studio apre il primo in via della Ginevra – Pesaro
1997: apre il nuovo studio a Montegaudio (PU) – via Lubiana 46.
Mostre personali dal 1990
1990 – Pesaro (I) Studio via della ginevra Segni di forza (K)
Bologna (I) Galleria Mascarella Progetto scultura
1992 : Bergamo (I) Museo arte contemporanea GAMC Ottovolante
1992 : Firenze (I) Accademia del disegno Carte Italiane
1995 : Reggio Emilia (I) sala V.Magnani Rinserrata ll
1997 : Reggio Emilia (I) Borea
2002 : Pesaro (I) Zona (K) – Studio Corte De Gaudii
2004 : Urbino (I) – Liceo Scientifico Laurana Mente
2007 : Monaco (D) – Pasinger-Fabrik – Monaco – Monaca (K)
Monaco (D) – Istituto italiano di cultura – Culla delle Matter (K)
2008 : COLONNA (D) – Istituto italiano di cultura – Culla delle Matter (K)
Düsseldorf – GAP 15 – Ernst & Young – questione culla (K)
2014: Karlovac (Croazia) – Non lasciarti –
2014 : Pesaro (I) – Ca’ del Monaci – Bruciare dentro
2015 : Pesaro (I) – Parco di Mezzo – Hotel Blu arena
Monteciccardo – Idoli – ca’ dei Monaci
2016 : Monteciccardo – oasi oscura. Cà dei monaci
2018 : Ferrara – progetto da definire – Galleria Chiostro
Urbino (Gallo) – Crea il mio spirito – Opera stabile
Collettivo Mostre
1990 – Pesaro (I) Convento SM Monteciccardo Interni d’artista (K)
Pesaro (I) Chiesa M.addalena Cronovideografia (K)
1991 : Reggio Emilia (I) Civici Musei Progetto scultura (K)
Firenze (I) Certaldo Palazzo Pretorio Disegnare lo spazio (K)
Firenze (I) Galleria Container Progetto Borderline
1992 : Firenze (I) Progetto Firenze contemporanea (K)
1993 : Pesaro (I) Convento SM Monteciccardo Collezione Borderline
Roma (I) Palazzo delle esposizioni per “Situazioni” Quadriennale (ed. non inaugurata)
1994 : Mainz (Germania) Galleria D. Van Der Koelen Percorsi italiani contemporanei (K)
Foggia (I) S.Severo Galleria Dedalo – Parole al vento
Bari (I) Triggiano Sala Consigliare Premiato al Premio R. Dicillo
1995 : Ludwigshafen (Germania) Kunstverein Italianische positionen der Gegenwart (K)
Bari (I) Polignano – ACPPascali Resistenza/Animali
Pesaro (I) Palazzo delle Esposizioni Campanara Corto circuito
Pesaro (I) Cartoceto – Palazzo Paci I lumi della ragione (K)
1996 : Milano (I) CSCSVUFoscolo 3 Interni d’Artista interferenze design
Milano (I) Show room Paci&Patners Hangar Luci in quiete
Milano (I) Showroom Paci&Patners Installazioni
Ancona (I) Premio Mole Vanvitelliana Marche (K)
1998 : Würzburg (Germania) Ottoricheterhalle Marmelsteiner Cabinet Circum 2 2 2 (K)
Monaco (Germania) Bunker artificiale Circum 2 2 2 (K)
Bergamo (I) GAMC Museo Arte contemporanea Circo 2 2 2 (K)
1999 : Firenze (I) Museo Marino Marini Circonvallazione 2 2 2 (K)
2001 : Caserta (I) Galleria Dirarte Scavare il futuro
Pesaro (I) Centro Pescheria Soglie ad arte attraverso le arti (K)
2003 : Aschaffenburg (Germania) – Kunstrerain Wasserlandshaft (K)
Progetto Riedenheim Riedenheim (D)
2005 : Falconara Marittima (AN) – Pinacoteca Francescana Marche (K) Sorella pietra
Ankara (Turchia) – Museo di pittura e scultura Biennale (K) Calza Magica
2006 : Pesaro (I) – Convento SM – Monteciccardo – Stanze segrete (K)
Teramo (I) – S.Gabriele – Dodicesima Biennale arte sacra (K)
2006 : Verona – Stauros per l’arte contemporanea – Quartiere Fieristico – (K)
2007 : Pisa – S. Giuliano Terme – Acque in arte (K)
Pesaro – Convento SS Monteciccardo – Santi / Santini / Santoni
2008 : Vierheim – Gallerie G.Gutperle – Wahlverwandshaften – (K)
2020 : Ostrowiec – Galleria Covimetry BWA – Polonia
2021: S.Paolo – Barasile – Le ali della libertà – Fondazione Cervantes
New Haven CT USA – Covimetria – Ely Center of Contemporary Art
Oporto – Portogallo – Amore – Letizia – S.Grijo – (K)
Opere in collezioni pubbliche
1989: Pesaro (I) Monteciccardo Bordeline / Collezione Prue
1990: Reggio Emilia (I) Musei Civici / Balestra
1992: Bergamo (I) GAMC Museo d’Arte Contemporanea / Pozzi di aspirazione
1995: Reggio Emilia (I) Sala V. Magnani / Rinserrata II
2000: Pesaro (I) Convento SM Monteciccardo / Volo
2004: Urbino (I) – Liceo Scientifico Laurana / Mente
2006: Teramo (I) – Stauros per l’arte contemporanea / Risorto
1997: Città di Reggio Emilia (I) – Via Gandhi / Parco Borea
2000: Pesaro (I) Convento SM Monteciccardo / Volo
2004: Urbino (I) – Liceo Scientifico Laurana / Mente
2006: Teramo (I) – Stauros per l’arte contemporanea / Risorto
2018: Urbino (I) – Crea il mio spirito – C. Maria Immacolata
Bibliografia essenziale
– Segni di Forza opere di G. Giorgi del 1987-1990 Edizioni Essegi Ravenna (I) 1991 – (AB Del Guercio / A.Pitrè)
– Urbino narrazioni grafica (I) 1987 – (B.Ceci)
– Progettazione dello spazio di Certaldo a Firenze (G. Pellizzola) 1991
– XLIII Biennale di Venezia Scultorei ai Giardini (AB Del Guercio) 1988
– Cronovideografia Pesaro (I) Gabriele Giorgi (A. Pitre) 1990
– Progetto Scultura Reggio Emilia (I) (AB Del Guercio) 1991
– Problemi del metodo Ottovolante Bergamo (I) (AB Del Guercio) 1992
– Galleria Percorsi Italiani Contemporanei VDKeolen Magonza (D) – (ABDel Guercio) 1994
– Gabriele Giorgi in italiano Positionen der Gegenwart Dorothea VDKoelen 1994
– Premio Marche Edizione Mazzotta – Ancona 1996 (MSSguanci)
– Circum 2 2 2 Edizioni Gema art Praha – 1998 (E.Zorn – V.Fagone – C.Rodeschini – J.Rous)
– ZONA, opere dal 1990 al 2001 – testi Dieter Ronte / Pierre Restany
– Gabriele Giorgi – Io di io – poesie – 2006 (edizione casa editrice Edimond srl 2009)
– Gabriele Giorgi – Fuggitivo – opere dal 2002 al 2010 – testi di David Galloway / Dieter. Ronte / G.Semeraro / A.Quasimodo
– Gabriel de Gaudi – Esseri – 2016 (edizione casa editrice – Inner Places 2016) testi di Dieter. Ronte / Elmar Zorn (Germania) Giorgi Alessia (Italia) / Mirjana Koss (Croazia)
testi aggiunti: maggio 2023
Tratto da un testo di A.Pitrè
Il percorso di analisi sul lavoro (dalla scultura di installazione alla pittura) di Gabriel de Gaudi qui incontrato è di per sé una traccia abbastanza chiara di come l’evoluzione della cosa d’arte in “intervento installativo” si fondi sul riconoscimento di relazioni che , collegando “cosa a cosa” “ bene a bene” tendano a rimuovere la staticità e l’isolamento della “cosa bella” per proporre un livello più dinamico di un insieme di fattori che sappiamo essere elementi complementarmente partecipi al collegarsi in una possibile idea di lettura in forma di “itinerario” percettivo mentale ambientale “logico significante” essere parte di un tutto.
Ora, a prescindere dal fatto che il problema dell’uno come parte nella relazione tra uno e molteplice rimanderebbe a discussioni interminabili ai più diversi livelli di cultura – dalla filosofia alla linguistica, alla fisica, alla stessa matematica. Abbiamo verificato l’identificazione tra “oggetto artistico” come oggetto nello spazio ed il suo svolgimento nel tempo – il suo essere forma tanto quanto il suo essere evento (stesso divenire). Il contesto risolutivamente letto come – corpo stesso dell’opera – arriva. Nel lavoro di de Gaudi, poi, identificandosi con lo stesso soggetto emittente. Ma, bue serverei, non basta: vedere,partecipare al proporsi delle immagini di Gabriel è come partecipare al narrare dell’Attore (issuer – nelle figure attanziali del processo semiotico di significazione) in cui ascolta non pensa di essere uno – Spettatore (Ricevente ib) di fronte a detto attore si trova, di più, confidenzialmente coinvolto in Area di scambio (contemporaneamente all’Emittente). Andrei, con istituzionale salto disciplinare, all’idea che quello che intende, come scena frequentabile, Eugenio Barba attraverso l’abbattimento della 4° parete, considerando che detta dimensione percettiva e, da ciò, determina per morfologia struttrale ed attanziale, possa essere ( sia) in Arte visiva quello che, ora, intende G. de Gaudi (dopo “scultura e Pittura). confidenzialmente coinvolto in Area di scambio (contemporaneamente all’Andrei, con istituzionale salto disciplinare, all’idea che quello che intende, come scena frequentabile, Eugenio Barba attraverso l’abbattimento della 4° parete, considerando che detta dimensione percettiva e, da ciò, determina per morfologia struttrale ed attanziale, possa essere ( sia) in Arte visiva quello che, ora, intende G. de Gaudi (dopo “scultura e Pittura). confidenzialmente coinvolto in Area di scambio (contemporaneamente all’Emittente). Andrei, con istituzionale salto disciplinare, all’idea che quello che intende, come scena frequentabile, Eugenio Barba attraverso l’abbattimento della 4° parete, considerando che detta dimensione percettiva e, da ciò, determina per morfologia struttrale ed attanziale, possa essere ( sia) in Arte visiva quello che, ora, intende G.
Nuove visioni – continue apparizioni – presenze – ragioni plastiche. Proiezioni visive per una metodologia della definizione – rifondazione del luogo.
In ragione dei più recenti percorsi dell’arte contemporanea (delle loro argomentazioni critiche) possiamo avanzare l’ipotesi, apparentemente paradossale, della considerazione dell’artista stesso come luogo.
– Arte – Produzione d’opere – creazione di Habitat –
Risultato conseguiti, attraverso attività condivise, giungendo ad un reciproco riscontro di – Visioni/valutazione di possibilità – e deduzioni operative, per cui ogni Luogo ha (può avere) non solamente un Spirito – potremo richiamare addirittura argomentazioni relative ad un analisi – Post freudiana ( in particolare: Molteplicità non come patoogia ma come Ricchezza (vanche fra altri F.Bolelli/2022/ J.Lacan 2013/MBoyle 1994 – identità: ruolo dell’arte – R.Barilli 1982 materialismo storico tecnologico M.Mc Luhan 1964- 67) immagine coerente generale del Luogo.
Questa proposta di lettura è, se vogliamo così: schematizzabile:
– Produzione, attraverso la propria metodologia, di una serie di Memorie in fermate Visioni (si accennava alla molteplicità di visioni possibili). A proposito del richiamato “Spirito del Luogo”, la reiterata operazione di artisti (della loro storia), nel proporre la moltiplicazione di manufatti differenti (e di tecniche da queste proposte) come proprie identità fino a poter essere ritenute porzioni di realtà oggettiva possibile. Dal lavoro di Gaudi, dunque si ha immagine in sé come testo – come appartenenza/ambiente/contesto – come senso. Non vedere più da fuori ma trovarsi –Nel-.
testo febbraio 2023
traccia di Rosario Pinto (I)
Gabriel De Gaudi propone con la propria ricerca una testimonianza delle opportunità che si possono offrire fornendo una risoluzione linearistica di un contenuto eidetico di impermanente ascendenza costruttivista.
Ciò garantisce all’artista di assicurare alla profilazione mantenendo planare del suo detto creativo una mobilità che si giustifica secondo il richiamo astrattista all’essenzialità lineare, che è il punto di una proposta innovativa per poter guardare ad una proposta di attualizzazione dell’astrattismo.
testi critici precedenti:
Pierre Restany – Le sculture di Gabriele Giorgi (Gabriel de Gaudi) sono le sue armi mentali – 2001
I principali esegeti di Gabriele Giorgi, Andrea Del Guercio e Alessandro Pitrè, insistono ampiamente sul passato pittore dell’artista e segnalano gli elementi pittorici che sopravvivono nei progetti scultorei (spesso pubblici ) che caratterizzano la sua produzione a partire dal 1989 – sottolineando, in particolare , una nuova intenzione: la “funzione d’uso”.
Quanto a me, dovendomi confrontare con i lavori degli ultimi dieci anni, questa doppia informazione acquista un grande valore. Sotto il segno dell’interattività, il passaggio dalla seconda alla terza dimensione pone il problema fondamentale dello stile in termini di semiotica del linguaggio.Se chiedessi a Umberto Eco in cosa consiste il processo linguistico di Giorgi, mi risponderebbe: è una combinazione tra metonimia e sineddoche. La metonimia si basa sulla continuità tra due elementi. La sineddoche nasce dall’associazione di questi elementi contigui, vale a dire dall’immagine nell’immagine, che dà il proprio significato all’opera d’arte e ne mostra al pubblico il valore d’uso. Questo è quello che accade in Crossbow: l’idea di collegare parti di una balestra a piastre metalliche fa percepire all’osservatore la consapevolezza dei valori d’uso dell’opera d’arte: è una panca. Lo stesso si può dire per Throne for Mrs. Mary: il cilindro metallico del sedile e il triangolo rotante creano la metafora operativa del trono.In Suction Shafts le fessure delle forme minime diffondono il rumore di aspirazione degli aspiratori che ricoprono. In Fountain alcune ciotole triangolari in rame sono incastonate in una sovrapposizione verticale: la continuità della linea d’acqua che scorre dall’una all’altra fa pensare al pubblico ad una fontana. In Suction Shafts le fessure delle forme minime diffondono il rumore di aspirazione degli aspiratori che ricoprono. In Fountain alcune ciotole triangolari in rame sono incastonate in una sovrapposizione verticale: la continuità della linea d’acqua che scorre dall’una all’altra fa pensare al pubblico ad una fontana. In Suction Shafts le fessure delle forme minime diffondono il rumore di aspirazione degli aspiratori che ricoprono.In Fountain alcune ciotole triangolari in rame sono incastonate in una sovrapposizione verticale: la continuità della linea d’acqua che scorre dall’una all’altra fa pensare al pubblico ad una fontana.
A volte, lo stile semiotico di Giorgi si complica attraverso sottili metafore implicite. In Thunder Threshold, due blocchi di marmo di Carrara, attraversati da altrettante masse di rame, sono posti uno di fronte all’altro su un prato. L’opposizione “elettrica” tra i due materiali concentra la tensione nello spazio vuoto tra i due blocchi. Il messaggio della sineddoche è spirituale. Richiama il buddismo zen e l’architettura minimale dei giardini rocciosi.Una serena immanenza in attesa del tuono: Threshold of Thunder mi fa pensare ad una versione raffinata, tendente all’estetismo, della scultura di Lee U Fan, il grande maestro del Mono-Ha giapponese, che celebra l’unione della pietra con il metallo . La scultura di Giorgi risale al 1992 e segue Rinserrata, di un anno più vecchio, un accatastamento di blocchi di marmo taglienti e appuntiti, parzialmente incastonato in lastre di rame. Qual è il messaggio metonimico, la funzione d’uso che possiamo attribuire a questo accatastamento di ogetti contigui? Potremmo prevedere il punto di partenza di una ricerca che troverà risposta un anno dopo, ma sarebbe una fuga dalla domanda di fondo.
Torniamo al problema dello stile.Quella metonimica di Giorgi si basa su una corrispondenza totale, completa tra oggetti contigui la cui collocazione definisce la funzione d’uso. Di fronte a Rinserrata dobbiamo “affrontare” la volontà dell’autore. La nostra è una strana sensazione, soprattutto perché questo pezzo è contemporaneo a Shafts (1991), Fountain or Crossbow (1990). Stessa strana sensazione di fronte a un’opera più recente come Borea (1997), che consiste in marmo bianco scanalato blocchi disposti orizzontalmente e strutture poliedriche verticali in ferro verniciato rosso. Senza dubbio, in quest’opera d’arte, dovremmo vedere la proiezione a cielo aperto degli elementi gestuali di una composizione pittorica minimalista.Elamr Zorn, altro esegeta di Giorgi, parlerebbe di conoscere la “tattilità” tra autore e spettatore. E dopo tutto, questa arbitraria ambiguità è così paradossale? Penso ad alcune frasi di Roland Barthes sullo stile: “Qualunque sia il livello di raffinatezza che può avere, lo stile ha sempre qualcosa di ruvido, è una forma senza meta…come forma vertical di pensieri, un forzato e vertical percorso dei pensieri…” . Una bella definizione della libertà creatrice. Lasciamo a Gabriele Giorgi il privilegio di questa libertà. Il suo linguaggio semiologico tridimensionale è intelligente e ha saputo creare le proprie “armi mentali”.E, certo, non è un caso se un’opera del 1997 ha proprio questo titolo: tre nastri di rame lunghi e ricurvi “mordono”, come serpenti aggressivi, blocchi allungati di quarzite blu… A meno che la metafora non rappresentano davvero tre rettilinei dalla testa di pietra! A noi la scelta finale, come in un indovinello cinese: quale parte del serpente deve essere presa per il tutto? la testa minerale o la coda metallica?
Nei nostri tempi di cultura globale, Giorgi interviene opportunamente per ricordarci che l’arte è lo stile dell’indagine perpetua. Se l’arte è il mezzo di comunicazione, credo sia giusto che questa comunicazione ci colga di sorpresa. Giorgi usa le sue armi mentalisia per sedurci che per sorprenderci.La sua scultura è profondamente umanista e, al di là della sua persuasa precisione costruttiva, è ben lungi dall’aver esaurito le sue tentazioni neobarocche (o postmoderne): ancora tanti problemi da prevedere, altrettante risposte da seguire.
Pierre Restany – armi mentali
Parigi, maggio 2001
Dieter Ronte – G. Giorgi (Gabriel de Gaudi) – 2008
Buonasera signore e signori,
cercheremo ora di sbrogliare il disordine che Giorgi ha creato, per dimostrare che al suo interno continua a esistere un certo ordine.
Cercherò di ridurre la tua diffidenza nei confronti di questo tipo di arte, diffidenza che anch’io ho avvertito inizialmente di fronte a lavori come questo.
Cercherò di spiegare tutto questo con i metodi della mia professione di critico d’arte. Ci viene sempre chiesto: “Come è possibile identificare la realtà, come si può riconoscerla?” Rispondo sempre: “Facendo un paragone”.
Dietro questa domanda si nasconde un’idea completamente diversa, l’idea che all’interno dell’arte c’è una logica.Ma la logica della storia dell’arte è naturalmente una logica ricostruita dagli storici dell’arte, una logica che così non è mai esistita.
Di conseguenza, la cosa migliore della mia professione è che ogni volta che pensiamo di sapere come funziona l’arte, arriva un artista che dice: “Niente di tutto questo ha senso. Dimentica tutto quello che hai imparato fino ad ora! Tutto sta cambiando, in modo totalmente diverso”. E sono sempre gli artisti ad avere ragione.
Questo è particolarmente vero per Gabriele Giorgi. Se vi fosse stato insegnato che ogni scultura ha sempre un piedistallo e un problema di limiti e volumi, per quanto riguarda l’opera di Gabriele Giorgi, lasciate perdere.Però sarebbe sicuramente interessante leggere alcune sue poesie, come quando parla di luce, e di buio, di sopra e di sotto, o di nuvole, usando spesso un termine molto particolare: confini. In una delle sue poesie parla proprio di poesie senza significato. Questa è un’idea che viene dalla pittura.
Guardiamo queste due grandi installazioni: la prima, “Liquid Thoughts” è del 2001, e la seconda, “The Spirit” del 2008. E se guardate anche i video vi rendete conto dello strano modo in cui il la photocamera che scatta la foto cattura gli oggetti.
Parlando delle due sculture, parto dal titolo: “Pensieri Liquidi”. Sono cose che giacciono qua e là, che in un’altra stanza sarebbero completamente diverse, in altre parole sarebbero in un assemblaggio diverso da questo.A Monaco, ad esempio, l’installazione è stata allestita in modo completamente diverso.
Cosa hanno in comune queste due sculture? Hanno questo in comune, che non si limitano al lavoro stesso; che solo la strofa in cui sono esposti pone loro dei limiti. La scultura non ha limiti, rimane invece permanentemente aperta.
E in questo modo, fondamentalmente, l’artista rompe con tutto ciò che abbiamo imparato dalla storia dell’arte del dopoguerra.
Rompe con il principio di astrazione, anche se tutto sembra molto astratto. Ma sappiamo che qui abbiamo oggetti di uso comune, che il readymade ha una sua importanza, che mettere insieme oggetti che non hanno niente in comune può essere utile nell’arte.
Giorgi lo fa in un modo specifico, assolutamente non spettacolare; c’entra un po’ di poesia, ma non tanto da far diventare narrativa la scultura. Rimangono in relazione solo con se stessi. “Pensieri Liquidi” è un’opera in marmo e metallo. Il metallo è un liquido solidificato. Lo stesso vale per le rocce, geologicamente parlando. In altre parole l’artista prende gli oggetti dalla natura, li modella e li colloca in questo contesto intellettuale.
Questo vale anche per una scultura di cui potrebbero parlare a lungo.Se pensiamo solo al titolo, “The Spirit”, allora abbiamo già un’idea di cosa significachi, e troviamo questa sedia occupata, troviamo questo tavolo occupato e troviamo questi pezzi di un vecchio oggetto sparsi per terra, e non pensiamo più di poter vedere alcuna conseguenza logica in questo lavoro. Speriamo che ci faccia pensare alla teoria del caos, che a sua volta nasconde una sua logica, o alla nanotecnologia, oa tutte le nuove possibilità di una visione macrospecifica, e solo alla fine ci rendiamo conto che tutte queste cose hanno qualcosa da fare l’ uno con l’altro.
E penserai, senza che l’artista ti dia la soddisfazione di dimostrartelo, che questo oggetto fatto a pezzi per terra, questi pezzi di metallo leggero, poteva essere pensato non solo come un’immagine metallica o come pura forma , ma che tutto questo una volta era un oggetto, un oggetto che ora non è più utilizzabile. È stato scritto in modo molto interessante che l’artista prende sempre oggetti che alla radice hanno un carattere utilizzabile, anche se ora non possono più essere utilizzati. Siamo qui di fronte a una fissazione tipica delle arti figurative. Perché, se guardi questo piccolo armadio con un cassetto e un’anta, in fondo hai tutti gli strumenti usati da un pittore tradizionale che vuole raffigurare una persona pensierosa.Il nostro artista, invece, usa la sedia, usa qualcosa in cui mettere la conoscenza,
Se vuoi chiamare tutto questo ‘frammenti di pensieri’, ti rendi conto di come puoi avvicinare l’arte di Giorgi con le parole. Non c’è mai un messaggio univoco nell’arte di Gabriele Giorgi.
Si tratta invece di sculture che non sono decostruttiviste nel senso che smontano qualcosa e semplicemente lo adagiano a terra, come fanno alcuni suoi contemporanei italiani. Il contrario del decostruttivismo è il costruttivismo puro, intellettuale, forme assemblatrici che possono formare nuovi livelli di praticabilità e di concetto.
Questa è una posizione che l’artista sta maturando da tempo, che deriva dalla pittura e che ha molte stratificazioni.
Possiamo anche notare la sua grande esperienza con installazioni create in spazi pubblici, possiamo vedere che queste installazioni sono concepite in modo diverso e hanno una filosofia artistica diversa da quella che riconosco da altri artisti. Non conosco nessun altro artista capace di lavorare con questi oggetti in modo così diretto, così immediato. Allo stesso tempo, hanno un manifesto convincente su di loro, rinunciando anche a quello che chiameremmo un ‘finitura italiana’, cioè un risultato finale italiano.
Il lavoro non diventa mai liscio e grazioso, rimane sempre nelle opere di Giorgi una certa forza e una certa fragilità. Quando pensi di aver trovato qualcosa di solido, qualcosa di duro, lui l’ha già smontato.
In fondo si tratta di pensare e modellare con le parole, parole come forme che si concretizzano in queste installazioni.
Credo che quest’arte sia rara, lontana dal mainstream, che non sia un’arte finita solo perché l’artista raccoglie elementi di quanto avveniva negli anni Cinquanta e Sessanta, ma al contrario è un’arte che dimostra molto bene come l’artista riesca ad iniziare processi che, come processi, continuano a sopravvivere nelle sculture. È per questo motivo che le sculture non hanno un aspetto ben preciso, ma solo, per così dire, uno sguardo a scelta multipla che l’artista deve ripensare a secondo dello spazio.Anche questa è un’esperienza nuova per noi, il fatto che le opere si liquefanno, che diventino pensieri liquidi, che inizino un processo tutto loro, guidate dall’artista in modo sempre diverso. Questa è una specie di arte in forma di dialogo, e spero che questo dialogo vi piaccia.
Gabriele Giorgi dalla XII Biennale d’arte sacra. Teramo
Gabriele Giorgi dalla XII Biennale d’arte sacra.
Teramo 2006 Testo: Giandomenico Semeraro
È affascinante vedere quanto sia semplice un’opera nella sua costruzione e quanto potente possa essere la sua portata. Non penso, naturalmente, alle “strutture primarie” che hanno caratterizzato gli artisti minimalisti, tanto meno alle geometrie suprematiste di Malevich, così cariche di sentimento e spiritualità, così irresistibili, nell’attrito tra linee e profondità. No, in realtà, di fronte a questo lembo di Stoffa bianca, che si muove al minimo alito di vento, di fronte a questo Risorto che non c’è più eppure è qui con noi, penso ad altro: alla sua leggerezza, soprattutto, che altera e annulla completamente il peso fisico della scultura, e soprattutto il modo in cui essa si caratterizza nel tempo; l’abbandono del peso, lo scarico delle tensioni in virtù di una nuova consistenza della carne, come ci viene offerta con sollecitudine e fiducia dalla Risurrezione. Insomma, questo scarto senza peso rende chiaramente l’idea di esserci e nello stesso tempo di essere già altrove (che comprende, nella sua interezza, il senso di essere umano e la capacità dell’uomo di pensare con la propria testa – il tratto che misura la sua affinità per trascendenza). Indica con fiducia la via verso un Altrove, con il divino come nostro compagno di cammino. Richiama alla mente un altro artista che apprezzava la leggerezza, una qualità di cui Italo Calvino ha mostrato una comprensione nelle sue lezioni americane: una “leggerezza pensosa” (piuttosto che una superficialità pensante). Arrivando per vie diverse, Gabriele Giorgi incontra Ettore Spalletti, il suo Risorto incontra la Salle des Départs di Spalletti all’
Qui, nell’opera di Giorgi, avverto questo potente leva per il “modo di togliere” una resistenza metafisica, e un’apertura positiva e anzi fiduciosa, grazie a ciò che comporta la Resurrezione della carne. Una scultura che “si muove verso”, che si fa veicolo, e che si apre all’osservatore, rivelando pienamente, in trasparenza, la sua vocazione allo svelamento del mistero. Alla sua base, come struttura, stanno due tratti fondamentali dell’umanità, due figure geometriche: il rettangolo e il cerchio, che ritroviamo in Leonardo, in Goethe e in Le Corbusier; ed è proprio su di esse che vediamo muoversi il pensiero libero, liberato dalla speranza dalle sue catene.
Jürgen Kisters – il calmante ordine del mondo
Gabriele Giorgi (Gabriel de Gaudi) espone come pittore, scultore e designer.
Lindenthal – La realtà è un processo. E questo processo è, prima di tutto, un evento materiale e plastico, determinato da un’infinita trasformazione. Ciò significa: le forme conosciute vengono continuamente variate e vengono create nuove forme, intelligibili e meno intelligibili, e molte di esse sono molto misteriose. È a questo processo che si applica lo scultore Gabriele Giorgi. Cerca nel marmo le tendenze rotunda e appuntite della creazione che offre il materiale naturale. Oppure cerca di imporre alla pietra la forma di una palla per introdurre tra le cose del mondo la volontà e la precisione del lavoro umano.
Fa seguire ai fogli di alluminio una forma ondulata o pulsante e solidifica il momento di un movimento fluido in una scultura. Oppure utilizza aste dorate per creare una sedia esagerata e un armadio, un insieme di oggetti che fa rivivere l’enigma dei nostri sogni notturni nel bel mezzo della nostra vita quotidiana. Tutto questo l’artista, nato a Montegaudio nel 1953, ora lo mette in mostra all’Istituto Italiano di Cultura.
La portata del suo tema è enorme: la mostra tratta delle “lacrime”, della “fortuna dei matti” e della “dimenticanza di sé”. Come molti scultori, anche Giorgi è un ottimo disegnatore. Lavora con gesso dalle linee larghe e generose, ei suoi gesti hanno una grande e generosa leggerezza. Come fogli indipendenti che trasformano il miracolo dell’energia della vita in una scia di linee e colori, i suoi disegni sono anche studi per il suo lavoro di scultore. Nel disegno si può essere più liberi che nel processo di creazione di una scultura, che è legato alla pesantezza del materiale. Nel disegno a volte è persino possibile evitare la forza di gravità. Tra la sicura leggerezza dei suoi disegni e la precisa fermezza delle sue sculture, la pittura su tela di Giorgi crea una sorta di mediazione.
In piani di struttura controllata l’artista ci mostra che, nonostante la libertà delle possibilità, il “processo aperto della realtà” si compie sotto forma di modelli irrevocabili. In questi modelli e queste creazioni costanti, in linea di principio, si risolvono finalmente tutte le nostre libertà e trasformazioni. Anche nella più grande confusione non possiamo perdere l’ordine del mondo. Questa è la rassicurante convinzione che Giorgi ci fa vedere con le sue opere. La percezione inquietante è che se ci sentiamo comunque così, non abbiamo perso il mondo, ma abbiamo perso noi stessi
(Kölner Stadt-Anzeiger, giovedi 21 agosto 2008)
David Galloway (2010)
Le metamorfosi di Gabriele Giorgi/Gabriel de Gaudi
La visione multimediale del geniale artista italiano Gabriele Giorgi colloca
saldamente i suoi successi all’interno della tradizione d’avanguardia. Per quanto non convenzionali
possono apparire alcune delle sue opere, esse incarnano uno spirito modernista di inclusione il cui
inizio simbolico è spesso dato al 1912, quando Pablo Picasso produsse il suo primo assemblaggio,
intitolato Still-life with Caned Chair. Probabilmente altri artisti, tra cui Vladimir Baranov-
Rossiné, avrebbero già integrato oggetti tridimensionali nei loro dipinti, fu
Picasso a trasformare la tecnica in un credo modernista. La sua
composizione ovale simile a un rilievo combinava un dipinto di forme stilizzate cubiste con tela cerata, sede di
una sedia di vimini e un pezzo di corda attorcigliata incorniciano il tutto. L’uso di objets trouvés
e altri materiali teoricamente non artistici formerà una corrente potente nell’arte del
secolo scorso – da Kurtz Schwitters a Robert Rauschenberg, da Duchamp
ad Arman, Edward Keinholz, Joseph Beuys e Daniel Spoerri, tra una miriade di
praticanti inventivi . Anche Gabriele Giorgi ha sviluppato un’estetica dell’inclusione.
L’artista lavora praticamente con ogni mezzo visivo conosciuto, tra cui fotografia,
video, pittura, stampa, scultura, disegno e installazione. Non di rado si trova una
sorta di crossover tra medium diversi, apparentemente incompatibili o tra
materiali – marmo e ferro, per esempio, o fotografia e pittura – portati in
improbabile armonia. Inoltre, Giorgi crea vivaci brevi poesie la cui
posizione introspettiva modi suggerisce di leggere le opere visive stesse. Molti di questi versi
raggiungono la chiarezza distillata ma enigmatica che si trova negli haiku classici e, come quell’antica
forma di versi giapponesi, spesso prendono vita da una semplice osservazione del
mondo naturale. Come le sculture ei dipinti di Giorgi, funzionano meglio attraverso un processo
di distillazione. Nello spirito di quei pionieri modernisti che hanno plasmato una nuova
visione artistica nel secolo scorso, Giorgi rifiuta semplicemente di riconoscere l’incasellamento
e l’etichettatura ancora usata da molti per classificare l’attività artistica. Il romanziere/scienziato britannico
CP Snow una volta si reeferiva a norme e regolamenti ortodossi come le
Convenzioni della mente di Ginevra, che impongono che discipline e generi operino secondo
principi inviolabili. Snow non era solo preoccupato da tali restrizioni
alla libertà artistica e intellettuale, ma dal pericolo maggiore di un divario crescente
tra scienza e discipline umanistiche. In una celebre e controversa conferenza intitolata
Le due culture, tenuta all’Università di Cambridge nel 1959, avvertì che questo
scisma radical minacciava le fondamenta stesse della civiltà. Con la sua
curiosità apparentemente inesauribile per nuovi materiali e tecniche, l’artista visivo è stato
un pioniere nel colmare questa lacuna. In effetti, nella corsa sulle montagne russe di ismi e
idiomi che ha caratterizzato l’ultimo secolo di espressione estetica, l’interesse dell’artista
per nuovi strumenti e materiali rimane una delle poche costanti. La fotografia,
il cinema, il video, i colori acrilici, la plastica, il computer e la nanotecnologia – per citare solo
alcune delle scoperte rilevanti – sono tra le innumerevoli rivoluzioni tecniche
che hanno trovato la loro strada nell’atelier dell’artista. È importante sottolineare, tuttavia, che
la scoperta di nuovi mezzi di espressione difficilmente rende obsoleti i mezzi più vecchi – non
più, infatti, di quanto l’invenzione dell’automobile abbia reso obsoleta la bicicletta. (Né,
nonostante varie fosche previsioni, la fotografia ha reso obsoleto il ritratto dipinto).
Molto di più, nuovi media e materiali hanno ripetutamente ampliato le opzioni dell’artista,
ma queste includono ancora il ramoscello carbonizzato con cui gli artisti di Lascaux disegnavano i contorni
delle figure. Quello strumento arcaico rimane uno dei mezzi preferiti per disegnare (in particolare
per gli studi di figure) ed è usato per delineare le tracce sottostanti nei
dipinti iperrealistici di Konrad Klapheck. È in questo clima di inclusione, esplorazione
e innovazione che Gabriele Giorgi è cresciuto come artista. Con pari abilità
registra le sue visioni con i più recenti mezzi tecnologici, ma anche attraverso la xilografia
– la più antica tecnica di stampa a rilievo conosciuta dall’uomo. Gocce d’acqua, bande di ferro,
marmi di Carrara classici e componenti industriali prefabbricati hanno tutti un posto nel
suo repertorio formale, sordi vengono plasmati in un linguaggio formale multidimensionale:
costruttivista o lirico, minimalista o massimalista, introspettivo o teatrale. Ciò che
accomuna questi idiomi è la loro continua pressatura di
confini formali e tematici. Il processo stesso può assumere le sembianze di un confronto drammatico, ma
può anche essere raggiunto attraverso una sottile insinuazione. Nei suoi primi lavori come pittore, Giorgi
esplorò le risorse del piano. Non appena l’aereo è strutturalmente alterato,
nasce una terza dimensione. Nel caso di interventi minimalisti su una lastra di
alluminio, ad esempio, si può ragionare in termini di rilievo, fino ad altorilievo nel
caso di interventi più vigorosi della superficie duttile. Quando l’aereo non è
semplicemente ammaccato o accartocciato ma piegato, piegato o arrotolato, siamo entrati nella terza
dimensione della scultura. Questa progressione dalla prima alla terza dimensione è vividamente
illustrata da opere come Visioni Nel Nulla e Pensieri Liquidi, entrambe completate
nel 2008. Qui il delicato accartocciamento dell’alluminio color bronzo produce trame e
ombre che ricordano i panneggi rinascimentali. La fredda sfera di marmo che forma un
componente di quest’ultimo pezzo non fa che intensificare la morbidezza implicita del metallo stesso.
Ripetutamente, queste composizioni rivelano il talento del loro creatore nel fare dell’ombra stessa
una componente primaria della sua opera – una sorta di elemento di spazio negativo di irresistibile
purezza. La sfera di marmo lucido, che funge da classica pietra di paragone geometrica
all’interno di diverse installazioni, proietta una silhouette ovale morbida e allungata contro il pavimento. È
allettante ma forse estraneo vedere questa tecnica nei termini del famoso
mito della caverna di Platone. D’altra parte, il fascino di Giorgi per le ombre è più di
un gesto compositivo, come testimoniano i suoi stessi autoritratti come “uomo ombra”.
I gesti scultorei di Giorgi sono contestualizzati in molti modi diversi. Nelle
variazioni installative di Visioni Nel Nulla, ad esempio, quattro o cinque forme semplici vengono ritagliate da
sottili lastre di alluminio e manipolate solo leggermente, quindi sospese nell’aria dove
si librano in un insieme senza peso che ricorda i mobili di Alexander Calder,
che combinavano così ingegnosamente astrazione e movimento. Un’osservazione del famoso
artista americano sembra particolarmente appropriata qui: per la maggior parte delle persone che guardano un
cellulare, non è altro che una serie di ogetti piatti che si muovono. Per pochi, però, può essere
poesia. E qui, credo, si possa riconoscere l’essenza dell’opera di Gabriele Giorgi.
Che sia astratto o corporeo nel suo vocabolario specifico, il linguaggio qui impiegato
pervade le componenti di una poesia inaspettata. Davanti ai nostri occhi, una rigida
asta d’acciaio si trasforma in un delicato vortice di seta e placche di metallo prendono il volo.
Attraverso tutto ciò, l’artista dimostra un costante rispetto per l’integrità del
materiale stesso; quando interviene lo fa con gesti sottili che non lasciano
spazio alla teatralità. È questa moderazione che conferisce dignità e integrità alle
avvincenti trasformazioni poetiche di Giorgi.
testo Alessandro Quasimodo 2010
La parola metamorfica di Gabriele Giorgi / Gabriel de Gaudi
La poesia con cui l’artista Gabriele Giorgi ci presenta è lontana dagli
schemi consueti, proprio per questo si è aggiudicato il terzo premio al Premio Città
di Castello 2009. Senza uscire dall’ambito artistico – pur invocando un’altra Musa – direi
che questa raccolta di poesie ha qualcosa della partitura informale,
tanto che si potrebbe quasi immaginare di rappresentarla in forma grafica come un
verso lirico: parte di una frase musicale appena accennata, che viene successivamente sviluppata,
variata, lasciata cadere e poi ripresa, rielaborata e spostata in un’altra tonalità. Come
un leitmotiv che si ripresenta, ma mai del tutto uguale a prima… rimodellato e
ricomposte in variazioni che travolgono l’ascoltatore, lontano dal
punto di partenza, in un mare aperto di suoni, ma che lasciano comunque
intatta la prima pietra dell’intera creazione: l’idea originaria. Qui le parole sono ombre
che emergono per un attimo e poi scompaiono, come fantasmi che camminano per un istante
sospesi nel tempo ma presto fuggono, come idea, catturate nell’aria in movimento lanciando
una magia misteriosa e sempre nuova. Sono appuntate su carta bianca in
sequenze di lettere destinate a dare vita e morte a quelle idea, entrambe allo stesso
tempo. Ogni definizione (verbale, geometrica o artistica che sia) è inevitabilmente un limite,
e quindi una sorta di eliminazione fisica del principio vitale – in sé e per sua stessa
natura non confinabile in alcuno spazio chiuso da alcun elemento, ma una sorta di paradosso della
creazione artistica che, nel dare vita estrinseca all’idea esprimendola in una forma concreta,
corre così il rischio di privarla della sua carica amorfa di potenza originaria. Quell che
definirei protagonista indiscusso di questo viaggio nel pensiero è la creazione artistica,
quel processo i cui tratti rimangono misteriosi perché i suoi connotati sono fortemente
soggettivi, individuali. Il percorso parte da una volontà (cosciente) di cercare un’idea
– nell’aria, nella materia, nella storia, nell’io: coglierla in un momento di tempo sospeso
e in uno spazio indeterminato, e poi per evidenziare il nucleo primordiale in quell’idea
, l’energia primordiale “che scatena l’attimo dell’infinito, evanescente
lampo”. Così il pensiero, con un incantesimo magico sempre rinnovato, si converte dal suo
stato stazionario, quasi imprigionato, in energia fluida che fluisce e partecipa della materia,
trasformandosi in forme concrete sempre diverse che hanno i colori e la consistenza
della Natura e dell’Arte . In un contesto fatto di suoni (metallici, violenti, improvvisati) e
colori cangianti, alternanza di luce e buio, bianco e nero, il
lettore è coinvolto in un gioco di epifanie tanto improvvisare quanto effimere:
scintille di Idea si compiono per un breve, intenso istante in immagini che hanno le
doti della bellezza e, al tempo stesso, della fugacità. Anche le scelte stilistiche di Giorgi
tendono alla massima fluidità testuale: la scelta di un lessico evanescente, la
quasi totale assenza di punteggiatura, la disposizione delle parole nei versi, l’
evidenziazione di alcuni nessi sintagmatici indissolubili nel legame che ne unisce le
componenti; tutto concorre a creare nel lettore la sensazione che questo sia un testo
che non può essere smembrato nei suoi singoli testi. La collezione si presenta infatti
come un continuum emotivo il cui codice espressivo ricorda stream of
coscienza: una scia fatta di lampade di illuminazione nel buio e improvvisi
vuoti di luce (che richiamano alla mente i pieni ei vuoti materici delle opere dell’artista). Qui
incontriamo rimandi, allusioni a momenti dell’esistenza collaborati per analogia,
colti in dettagli apparentemente privi di significato, ma che in realtà ne custodiscono i
significati più profondi, come istantanee della realtà in cui cogliere, per dirla
con Montale, un legame spezzato nel recinto e scopri cosa c’è veramente oltre. Eppure
c’è qualcosa cher rimane immutabile in tutto questo stato di flusso, questa sorta
di panta rhei inquieto, ed è l’idea sulla dell’Arte come pura creazione, l’immagine dell’arte
la creazione come una sorta di viatico via della conoscenza dell’Assoluto, così come
i simbolisti vedevano la parola e la sua funzione di svelare altri significati.
In altre parole, abbiamo davanti a noi parole forgiate da un Efesto dei giorni nostri, che
coglie la Forza primaria nel Fuoco creatore e tenta di modellarla in
forme (mai troppo) definition: un lavoro insieme fisico e cerebrale crea questa poesia metamorfica
della materia che da metallo si trasforma in granito, si dissolve in Acqua, evapora in Aria,
per poi tornare a portare fertilità alla Terra vestita di mille colori, con le sue
superfici ruvide e delicate e le forme naturali concave e convesse. E in questo continuo
passando da una forma all’altra, da una modalità espressiva dell’esistente ad
un’altra, si percepisce la sacralità dell’Arte, il senso antico, magico, del Mistero
insito nella creazione artistica.
Elmar Zorn
– Culla delle Materie
Il lavoro di Gabriele Giorgi negli ultimi 20 anni, le mostre d’arte innovative sia
in Italia che all’estero ei nuovi materiali che ha utilizzato nelle sue opere artistiche hanno sempre
sorpreso il suo pubblico. L’artista italiano che nasce a Pesaro e lavora nel vicino
comune di Monteciccardo, inizialmente realizza la sua scultura con marmo e acciaio.
Dopo il meritato riconoscimento ottenuto grazie a questo tipo di opere artistiche, separa
nuovamente i materiali utilizzati nelle sue sculture. L’unione del marmo e dell’acciaio ha dato alle sue
sculture la perfezione e la compattezza di un blocco di marmo e la malleabilità
dell alluminio. Dagli anni ’80, lo scultore ha mostrato al suo pubblico i suoi esperimenti
posizioni grazie all’utilizzo di diversi materiali come l’alluminio, l’acciaio, il
marmo e la pietra. Tali materiali danno vita a grandi sculture ognuna diversa
dall’altra. Grazie all’accostamento di materiali freddi ed eleganti, all’unione
di lamine metalliche e pietre da lastricato, le sculture hanno permesso a Giorgi di acquisire una propria
identità e personalità. In varie opere realizzate in acciaio, Giorgi utilizza
figure geometriche e minimaliste, forme statiche ed equilibrate. Dal 1992 Giorgi utilizza nuovi
materiali come rame e ferro. Grandi blocchi di marmo di Carrara sono collaborati
agli altri con sottili lamine di rame. Nel 1997 utilizza altri nuovi materiali come
alluminio, ottone e argento. Oggi le sculture di Giorgi sono molto innovative: queste
opere artistiche sono più astratte e regolari. In particolare pone la sua attenzione alla
ricerca di forme innovative per dare nuova vita e vivacità alla sua scultura.
La sua esperienza scultorea e l’uso di nuovi materiali permettono a Giorgi di dedicarsi
alla pittura. Questo tipo di nuove opere artistiche non devono essere viste come artigianali
o di minore importanza rispetto al suo lavoro scultoreo, ma come una sfida per se stesso.
Durante la sua carriera Giorgi scrive anche una grande opera, caratterizzata da un’aria poetica e
sperimentale. Non è solo scultore e pittore ma anche poeta. E non
soltanto! Inoltre l’artista si dedica anche ai video: in questo particolare tipo
di arte, si concentra sull’aspetto temporale: i suoi video hanno lasciato il segno nella
mente del suo pubblico grazie al suo senso del ritmo e alle immagini policrome e luminose sempre in
movimento insieme alla loro musica occasionale. Le opere artistiche di Gabriele Giorgi
sono piene di coerenza e costanza, caratteristiche che rappresentano il marchio di fabbrica
di questo artista innovativo. Ciò è dovuto alla sua educazione artistica, in
particolare quella scultorea. Giorgi pittore, scultore, poeta e creatore di video, ha posto
particolare attenzione allo studio artistico dei materiali che ha utilizzato. Ha anche curato
diverse mostre a Monaco di Baviera, insieme alle mostre alla Pasinger Fabrik ea
quelle all’Istituto Italiano di Cultura dal titolo Culla delle Materie. Le mostre sono
state aperte da Dieter Ronte, direttore del Kunstmuseum di Bonn, Germania, e
conoscitore dell’arte italiana che ha scritto testi critici su Giorgi. Anche Pierre Restany
, critico d’arte e filosofo culturale francese di fama internazionale, ha scritto
testi critici sull’opera di Giorgi. Per la mostra di Monaco, Giorgi ha realizzato due sculture
ad altezza d’uomo, Monaco e Monaca le varianti maschile e femminile del
Münchner Kindl (in tedesco Bambino di Monaco) una figura che sembra un bambino che indossa un
cappuccio a punta. Le due sculture sono divise da una linea immaginaria, una sorta di linea che
ha solo una definizione astratta e di fatto non esiste. Queste due grandi sculture
sono posizionate nell’area del Theresienwiese, uno spazio aperto nel
quartiere di Monaco, dove ogni anno si svolge la più grande fiera del mondo: l’Oktoberfest.
Ogni anno migliaia e migliaia di italiani esposti a questa fiera popolare ma
purtroppo solo pochi di loro sapevano che poco distante da loro c’era la mostra
di uno dei più grandi scultori italiani. A Monaco e poi a Colonia presso l’Istituto
english della Cultura è stata inaugurata una mostra di sculture astratte: c’erano
immagini, dipinti e video. Alla mostra ha preso parte anche il regista Dieter
Ronte. Successivamente le sculture sono state esposte anche alla Ernest & Young, una
delle principali organizzazioni di servizi professionali al mondo a Dusseldorf. Dopo la
mostra gli artisti si sono incontrati al Kunstraum Gerdi Gutperle di Mannheim
– Viernheim, una città d’arte vicino alla più grande città di Dusseldorf. Questa è la regione metropolitana Reno-
Neckar, spesso indicata come Triangolo Reno-Neckar, situata nella
Germania sud-occidentale, insieme alle città di Ludwigshafen e Heidelberg.
Anche Gabriele Giorgi ha partecipato insieme ai suoi colleghi al Kunstraum
Gerdi Gutperle e lì hanno parlato delle loro visioni e
idee artistiche e culturali. Per quanto riguarda le prossime mostre dell’artista Gabriele Giorgi, varie sono
in programma a Neukölln, ottavo distretto di Berlino, situato nella parte sud-orientale
della città ea Potsdam. Queste mostre sono rivolte a quegli amanti dell’arte che vorrebbero
partecipare e vedere opere artistiche innovative e vorrei sottolineare ancora una
volta la straordinaria relazione tra l’artista ei materiali delle sue opere, il
modo in cui può adattare questi materiali alla sua scultura. Una delle migliori qualità di Giorgi è
la sensualità delle sue sculture: le sue opere ci fanno vedere una nuova realtà, un nuovo mondo.
A questo punto potremmo paragonare Gabriele Giorgi agli alchimisti del Medioevo:
come gli alchimisti infatti, anche l’artista italiano cerca l’oro ma non attraverso
incantesimi ma attraverso le sue opere artistiche. Fa una trasformazione: i suoi
materiali innovativi fanno capire al pubblico tutte le sue invenzioni artistiche e fanno scoprire nuove
figure che si adattano perfettamente agli spazi delle mostre.
Gabriele Giorgi – 1990 – edizioni Essegi Testo: Andrea del Guercio
È evidente dal risultato del lavoro di Giorgi che due elementi principali sono alle radici della sua espressività e mostrano una volontà di sperimentazione determinata e rigorosamente controllata.
All’epoca del progetto critico dell’85/86, quando l’arte astratta veniva definita o ‘struttura pittorica’ o ‘struttura dipinta’ e si dava sempre maggiore importanza al ruolo del ‘supporto’, Giorgi iniziò ad applicare uno sfondo monocromatico, ravvivandolo in parte con l’arte gestuale. In occasione di questo esperimento e sempre con l’intento di rinnovare un approccio già tangibile e strutturale, introduciamo l’uso del PVC» e delle strutture geometriche tridimensionali. Sostituendo la tela (nella pittura) e la carta (nell’incisione) con fogli di plastica (PVC) si rivela la necessità di enfatizzare tutti gli aspetti artistici dell’arte astratta e la scelta dei moduli geometrici dimostra una tendenza alla spazialità,
I tre ‘Pali’ realizzati nel 1987 sono forse il primo segno tangibile di un processo dove il paini applicato al PVC fa da copertura a strutture rigorose trasformandole in un’installazione mobile nello spazio; questi moduli di varia forma geometrica e dimensione possono essere collocati, seguendo un rigoroso ordine logico, sia in composizione che singolarmente; in questo caso questi grandi moduli triangolari dai colori vivaci sono disposti a zig-zag.
Nell’88-89 l’uso della tridimensionalità in moduli attraversa una fase di cambiamento dove si riduce gli elementi formali e cromatici; tale cambiamento verso forme più rigorose e concentrate è evidente confrontando ‘testimone’ e ‘jabok’. Il lavoro dedicato alla preparazione di moduli di geometry solid, che saranno poi rivestite da paini, è l’occasione per approfondire uno studio sulle regole della scultura, sull’uso dello spazio e sul valore espressivo dei nuovi supporti.
Giorgi si è rivolto alla plastica nel 1989 quando ha creato ‘Prue’, una grande scultura in due parti presentata a Reggio Emilia, questa è stata prima presentata in posizione verticale e poi trasferita e collocata nella sua posizione finale davanti alla cinquecentesca dedicato all’
La forma sporgente dei due ‘Prue’ (Archi) -creati secondo le regole della plastica-posti in posizione leggermente obliqua danno l’effetto della presenza di qualcosa di potente; Energia e aggressività plasmate con influenze antiche si esprimono attraverso la patina di vecchie lastre di ferro normalmente utilizzate in un cantiere navale. Il suggestivo viale alberato in cui è situato funge da perfetto ambiente invitando ad avvicinarsi alla scultura; a primo piano se ne percepisce l’imponenza, qualcosa che associamo al passato. Il vigore e l’aggressività intesi come antichi valori ancestrali sono costantemente presenti nello stile di Giorgi anche in un progetto dove la concezione di ‘uso finzionale’ dialoga con l’estetica e un messaggio culturale.
Relazione sull”uso funzionale’ di una scultura
Secondo Gabriele Giorgi una scultura non è un mero oggetto di valore estetico ma il risultato di studi ben più complessi. È chiaro dal suo lavoro che l’energia, la creatività e l’attento studio vengono applicati per trovare le tecniche specifiche che consentiranno alla scultura sia funzionale che di avere particolari valori estetici.
Negli ultimi anni sono stati stampati una serie di articoli e sono state organizzate mostre per confrontare e analizzare sia il tema ‘uso funzionale’ sia l’abitudine di collocare le sculture in un ambiente urbano; queste discussioni hanno avuto un effetto immediato su Giorgi e lo hanno incoraggiato a conformarsi a un approccio contemporaneo alla scultura. Notiamo fin dalle prime fasi pittoriche e bidimensionali che Giorgi aveva una naturale tendenza verso il mondo tridimensionale, cosa particolarmente evidente in ‘Pali’ (Poli) realizzato nel 1987. Gli studi che applicano nelle fasi iniziali, e che riflettono anche la sua origine culturale
, aggiungono vitalità e movimento alla scultura e sono fondamentali per dare alla scultura un uso funzionale.
Giorgi applica la propria interpretazione sia all’estetica che alla funzione senza farsi condizionare da vincoli formali e cromatici; severità, staticità, forza, resistenza, spigoli vivi e in particolare l’aggiunta dell’uso funzionale, non solo un termine tecnico ma un modo per creare una partecipazione diretta e attiva da parte del pubblico, sono tutte caratteristiche del suo lavoro.
Le sculture, i bozzetti, i progetti e gli appunti di maggiori dimensioni devono quindi essere considerati in questo ambito, e sono il risultato di una lunga e dedicata ricerca svolta nel laboratorio meccanico, dove ha acquisito una ricca esperienza.
Ha applicato questa esperienza al suo lavoro, arricchendolo di aspetti e principi della quotidianità.
Trono per la signora Maria
La scultura di Gabriele Giorgi, collocata in un ambiente perfettamente vocato nel comune di Alatri (Prosinone) rappresenta uno degli esiti di una lunga e proficua ricerca dedicata al tema ‘Trono’; il tema studiato attraverso progetti, una serie di moquette e modelli a grandezza naturale si è rivelato un utile e stimolante punto di riferimento nei tentativi di aggiungere un uso funzionale ad una scultura dai valori simbolici ed estetici. Scegliendo il nonno tema nobile del ‘Trono’ Giorgi riesce a sottrarsi, pur mantenendone la chiarezza d’uso, al consueto tema del banco pubblico, ripetutamente riproposto in tutti gli ambizioni artistiche in molteplici declinazioni nelle diverse aree geografiche e campi culturali.
Generalizzare un simbolo universale noto nella storia per il suo ruolo elitario è un’ovvia indicazione tematica culturale dell’intenzione dell’artista di creare una relazione tra la scultura e il pubblico, chiaramente espressa attraverso il suo titolo. Una recente moquette, composta da tre troni ciascuno con ampia base e schienale piramidale alto quattro metri, è un preciso simbolo della ricerca portata avanti da Gabriele Giorgi; anche in questo caso ha scelto un titolo significarti ‘Un Trono per Tutti’. (Ancora da completare). Nel caso di ‘Trono per la Signora Maria’ l’artista ha deciso di ridurre le dimensioni e ha scelto uno schienale semicircolare per creare più intimità; la forma circolare dello schienale contrasta con i netti spigoli triangolari della seduta considerata di limitata importanza estetica; questa ruota verso l’interno e può essere regolata dall’utente. Severità e intimità, protezione, aspetto enigmatico, forme circolari e triangolari, staticità e movimento sono tutte componenti di una scultura con un uso specifico.
‘Balestra’ creata nel 1990 è un altro bell’esempio di plastica applicata alla concezione di ‘uso funzionale’; questa grande panca dal corpo resistantte ha valori sia estetici che funzionali e ritrae le caratteristiche presenti nel precedente lavoro di Giorgi: energia aggressiva, tensione interiore espressa attraverso spigoli vivi, angoli e triangoli di volumetria; si nota ancora una volta la presenza di qualche modulo geometrico con aspri picchi gotici.
L”uso funzionale’ di questa grande scultura ha luogo nel pari mobile centrale e si manifesta nel movimento degli ammortizzatori (le balestre) estrapolato dal loro uso originario, e da cui trae origine il titolo; gli ammortizzatori in faci confermano una funzione meccanica apportando leggerezza estetica e movimento alla scultura; sottili lamiere poste sull’orizzonte mobile fungono da mare. Giallo severo in parte ironico, ‘Balestra’ è un perfetto esempio di un nuovo progetto culturale per sculture da collocare in aree urbane come parchi o piazze.
Giorgi attraverso un’espressività applicata e ben definita propone nuovi progetti che possono essere legati sia all’arte che al design. Occupare lo spazio con moduli dai cui chiari tratti lo sono in una certa misura enigmatica e che trasmettono un accenno di aggressività ancestrale sembra una caratteristica che riappare anche nelle sculture più recenti di Giorgi; i tre ‘Pozzi’ realizzati nel 1990 appaiono slanciati nell’aspetto nonostante la superficie a vasi che ricoprono -effetto favorito dalle fessure di cui nel materiale- e presentano caratteristiche di tensione espressiva insieme a quella di tensione percettiva che è modalità evidente dall’installazione del suono.
Ancora una volta Giorgi ne ha enfatizzato le caratteristiche industriali utilizzando il ferro e inserendo un suono che richiama l’origine dei pozzi; in qualche modo l’aspetto ruvido dei fili scoperti fornisce una chiara cui impressione dell’ambiente originario; i tre ‘Pozzi’ confermano la volontà di applicare come in altre sue sculture un uso funzionale allo spazio. Laddove le caratteristiche rivelate in ‘Pozzi’ sono quelle di una linearità netta che evita la pesantezza retorica, pur essendo radicata nello spazio, in ’11 Luogo della Forza’ Giorgi introduce l’uso della meccanica. La sua scultura più recente, grazie ad un progetto molto più nitido e molto più dettagliato, è una fedele interpretazione del suo tema. ‘Il Luogo della Forza’ rivela qualche movimento meccanico diretto e indiretto,
Secondo me le sue sculture più recenti ritraggono più di una caratteristica rivelando quindi più di disinteresse, queste concorrono ad arricchire la scultura. Ha incontrato molti temi a volte rimanendo fedele all’essenziale ma in altre occasioni rinnovando i mezzi attraverso i quali li esprime. Il lavoro di Giorgi è quindi in continua evoluzione, anche se fondamentalmente ruota attorno a un tema essenziale attraverso il quale riesce a scoprire infinite sfaccettature.
Alessandro Pitrè – Gabriele Giorgi – 1990 edizioni Essegi Ravenna
Scrivere di un artista significa liberarsi da un giudizio ristretto su ciascuna delle sue singole opere d’arte per trovare da queste -vaghe vie verso la scoperta della poesia individualerragioni e modi di lavorare. Si tende ad andare oltre l’interpretazione specifica dell’opera d’arte in sé, favorendo un’evidente connessione tra ogni singola opera, che insieme riflettono e vengono interpretate come l’essenza fondamentale dell’idea dell’autore. Nel caso di Giorgi si nota subito la sua origine di scultore; eppure è evidente che una percentuale di ari astratti è coinvolta nella preparazione del suo lavoro.
Quando siamo costretti a muovere un’analisi della scultura in riferimento allo spazio, siamo obbligati a segnalare le fasi specifiche tra due e tre dimensioni. Per fare ciò dobbiamo osservare semplicemente la natura dell’oggetto stesso senza considerare le dinamiche generative coinvolte. In questo modo l’opera si forma con l’autore che trasmette i suoi sentimenti e pone se stesso al centro, come se fosse parte del suo lavoro, creando e fondendo la sua creatività con le tecniche disciplinari, unendo la sua arte con la metodologia comune.
Di conseguenza l’ipotesi che la distinzione tra due e tre dimensioni sia il punto principale in questo caso è del tutto fuori luogo. La mera dicotomia tra pittura e scultura si esprime nell’atto del creare, quando l’artista pone corpo e anima nel corpo della sua creazione, trasmettendo la sua energia attraverso il suo lavoro crea la sua opera come se fosse una ridefinizione di se stesso. Onfy l’artista che separa i suoi sentimenti dal suo lavoro e lo osserva con critica, considera il suo lavoro semplicemente come plasmare e plasmare e crea una rappresentazione sbagliata. La scultura come la pittura non è sempre misurabile.
Questo mi riporta al fatto che Del Guercio qualche anno fa mi incoraggiò a considerare l’importanza del supporto; nell’opera di Giorgi è evidente l’importanza secondaria che egli attribuisce alla distinzione tra dimensioni; infatti il suo lavoro è una combinazione di studi accurati e astrazione. La creatività fluisce sia all’interno che all’esterno dimostrando i concetti all’origine e la consistenza della materia che si concretizza attraverso una specifica disciplina. Considerati questi punti è ovvio che Giorgi preferisce andare oltre la staticità dell’oggetto, a quella del movimento.
La staticità della massa viene immediatamente superata nel momento della creazione. Ciò si nota nella sua prima opera, “Plastiche”, di carattere pittorico più specifico; realizzato attraverso lo studio dei supporti, e in particolare attraverso la scelta del materiale del contesto e del suo valore, che l’autore definisce intrinsecamente artificiale e innaturale. La pittura realizzata su una baseflessibile e trasparente diventa un rivestimento plastico per strutture tridimensionali, che presuppongono una conoscenza dell’installazione prima di diventare sculture; una scultura che contiene valenze sia pittoriche che strutturali. Quello che ci interessa di più è l’evoluzione della materia, la capacità dell’artista di cogliere un aspetto della vita e di rappresentarlo attraverso la sua opera, il suo interesse per l’
L’unione di questi due aspetti, tempo e spazio, si esprime nel fatto che la scultura tende a viaggiare nello spazio; infatti il movimento attraverso lo spazio rivelato in “Metallo veloce”, è come un viaggio di cui bisogna indovinare l’origine e la destinazione. Moto fisico, movimento degli occhi e momento del pensiero, particolarmente evidenti in ‘Direttrici Nord’ e che con l’aggiunta del moto accelerato sono i concetti fondamentali in ‘Fontana’: analizziamo ora la scultura rispetto all’approccio metodologico applicato. Giorgi cattura il movimento dell’acqua con uno strumento di rame; a differenza della maggior parte non cambia la caduta dell’acqua trasformandola in un ghetto ma mostra il movimento naturale dell’acqua corrente. Conseguentemente all’atto di produrre, invece di essere interpretata come una creazione viene data un’interpretazione più tradizionale sorda significa semplicemente ritrarre qualcosa così com’è nella realtà. Gli effettivi materiali applicati, rame e acqua, sono di equa! dignità e aggiungere un valore più estetico alla scultura.
Rame e acqua lavorano insieme in un modo che non si applica strettamente a quello della solita fontana. Il sottile ghetto dell’acqua corrente crea un’unione tra i due elementi, come vasi comunicanti, non solo per quanto riguarda lo spazio, ma anche per il messaggio visibile creato attraverso lo scintillio dell’acqua corrente. I vasi, con finitura rame opaco, per la loro struttura acuta creano un’impressione di accelerazione e contrai il flusso dell’acqua. Il cambiamento di movimento è quindi espresso in modo più esplicito nella forma e nei riflessi dell’acqua aggiungendo un’impressione di accelerazione progressiva. Il Verderame che via via si formerà aggiungerà un nuovo aspetto sottolineando il passare del tempo.
In ‘Fontana’, intesa come fonte di senso, come in ‘Prue’ incontriamo, in un connubio di staticità e movimento, la concezione di una struttura che attraversa lo spazio, ‘Prue dell’esodo’ con il suo l’originaria intenzione di bucare la prospettiva dando un’impressione di potente movimento, e l’uso di coperture lignee intarsiate nella plastica dipinta, sono temi ricorrenti nell’opera di Giorgi, dove forma ed evento, tempo e spazio, movimento e staticità con le aggiunte di meccanica sono tutti presenti.
In particolare la connessione astratta tra i suoi lavori precedenti si concretizza nell’allestimento dei ‘Pozzi d’aspirazione’ che sono posti a formare un percorso. La forma spigolosa contrasta con il suono rotondo del risucchio, la forma si deforma all’interno dei ‘Pozzi’ introducendo un nuovo aspetto che è quello dell’affondamento. Attraverso le oscure profondità interiori l’artista presenta il nuovo tema dell’attrazione verso un mondo di magia o di coscienza dei diversi! dimensioni esistenti di spazio e tempo.
Questo è ripetuto in Trono per la Signora Maria’, attirando ma minacciando Uke un abisso. L’uso del foglio di melai arrugginito come schienale della sedia diventa un punto focale in questo pezzo, sottolineando il passaggio della calce, qualcosa che non è semplicemente lì per essere osservato, buffar un uso specifico; infatti la sua particolare forma curva crea uno spazio chiuso che sembra rituale. Sedersi su di esso implica posizionarsi al centro dove la zona è alquanto pericolosa e rischiare di sprofondare. Sedersi su di esso è Uke che medita e tenta di afferrare, in un momento di instabilità, la sottile distinzione tra coscienza e immaginazione, per poi risvegliarsi piuttosto confuso ad un improvviso suono forte e acuto. La scultura diventa così un mezzo attraverso il quale si rischia di perdersi.
L’artista introduce il tema della funzione per richiamare l’attenzione su un uso, non un afuso di forma comune, come quello di Fontana’, limitato all’oggetto stesso ma che invita immediatamente a metterlo in pratica.
È nella particolarità della forma e della funzione che si scopre un invito. Il tema della funzione è presente anche nella scultura ‘Balestra’ ed è uno dei motivi principali per proporre la mostra ‘Interni d’Artista’. La ricerca e la sperimentazione compiuta da Gabriele Giorgi nel considerare la possibilità dell’utilizzo del ferro -il metallo che favorisce la verifica quando si mette concretamente in opera la scultura, prima in un immediato contatto e poi nella consapevolezza che le componenti meccaniche funzionano. ‘Balestra’ è una chiara dimostrazione degli aspetti che accomunano questi pezzi, legati saldamente alla loro origine e alle loro radici scultoree poetiche che si esplicitano maggiormente nel momento dell’installazione e dell’uso.
Questa particolare scultura ha un preciso contatto sociale con l’ambiente, in quanto rappresenta una panchina pubblica; la dinamicità del ferro, quando messo in opera, si rivela pratico e socialmente prezioso. E’ evidente osservando la scultura che l’artista ha dedicato molta attenzione all’iniziale fase progettuale, ed è proprio questa attenzione posta nella conoscenza tecnica espressa attraverso la creazione che permette la riproduzione della scultura. Il contatto con queste sculture comporta la partecipazione di tutti i sensi, e nel caso di ‘Balestra’ quello del suono è preminente.
Giandomenico Semeraro – Disegni sul reale
Coerenza e imprevedibilità – o meglio, imprevedibilità e coerenza – possono
essere ben essere pietre miliari della pratica artistica. Il contrario è rappresentato da coloro
che possono veramente dire di aver prodotto la stessa opera per tutta la loro
carriera, e qui viene inevitabilmente in mente Braque rispetto a Picasso. È
tuttavia vero che, quando si discute di un racconto corpus di opere, si può parlare di un’unica
grande opera ancora da completare. Va sotto il nome di ricerca artistica. Avremo,
credo, tanto più ragione se affermeremo che non si tratta di una ricerca puramente formale ma, semmai, di
un processo incessante e completo di indagine poetica e intellettuale. richiamo
Willem De Kooning esclamò, quando una grande retrospettiva del suo lavoro fu aperta
negli Stati Uniti pochi anni prima della sua morte: “Mi sento come una salsiccia, sigillata sopra
e sigillata sotto”. Questa precisa cifra stilistica, che è indubbiamente
di grande libertà, compresa la responsabilità che va sempre di pari passo con
la libertà, appartiene a Gabriele Giorgi, come chiarisce questa pubblicazione. Se c’è un
termine che mi sembra aleggiare costantemente su di lui, e sicuramente in questi
suoi Disegni sul Reale, è leggerezza – leggerezza pensosa, per usare l’espressione di Calvino. Altrimenti
risulta difficile apprezzare la portata delle diverse forme di espressione
in cui l’artista si cimenta allo stesso tempo: la pittura piuttosto che l’installazione o viceversa
, la fotografia accanto alla poesia. Perché lui è tutte queste cose messe insieme. In ogni
caso, la questione non si pone, poiché la sua posizione è chiaramente, radiosamente umanista in quanto
rifugge dall’unica, monotona nota specialistica ripetuta. Se
pensiamo ad Alberto Savinio – l’ultimo dei grandi umanisti – non possiamo sbagliare.
Teniamo però sempre presente il termine che ho citato sopra come
tratto distintivo, o come guida alla visione. Una scultura esposta alla XII Biennale d’
Arte Sacra del Santuario di San Gabriele, dedicata quell’anno (2006) al Risorto
Cristo, mi viene in mente. Risorto era il titolo dell’opera, che era, di per sé, di estrema
semplicità: un rettangolo sormontato da un cerchio, entrambi in ferro, da
cui pendeva una striscia di Stoffa. Mondano, pesante, ma che prende vita, vivacità e spirito non appena un
soffio d’aria arriva dal basso, “liberandone la carne”. Già che siamo in tema: una
sagoma che si librava nell’aria. Le silhouette, infatti, sono proprio il soggetto che si pone
in relazione a questi Disegni sul Reale, silhouette – ma non solo silhouette, ovviamente
– che per me rivelano Giorgi come paesaggista intimo. In questi disegni,
rapidità e precisione scaturiscono innegabilmente dal disegno sottostante, tanto più
tanto più sottile quanto più sottile è il dialogo che si instaura tra contorni, curve,
superfici e colore, tra fotografia, computer art e pittura. Essendo una
tavolozza multipla, va maneggiata con molta cura, proprio per
mantenere l’ariosità del piano. In questo senso, e data la linearità, mi colpisce molto
il video Dominazioni (2005-2006), proiettato durante la mostra Stanze Segrete
che ho curato nel 2006 per il Conventino di Monteciccardo. Si basava su semplici
gocce d’acqua disposte sul vetro, l’acqua che predeva il posto della pietra utilizzata inizialmente
– e successivamente, – utilizzata: le stesse traiettorie individuate, ora indubbiamente più ondulate,
nel rispetto del ceppo naturalistico su cui si innestano, quasi per
partenogenesi A questo punto la riproduzione fotografica si trasforma in
produzione a tutti gli effetti, da intendersi come summa linguistica, con il risultato che sapere quale è venuto
prima richiede solo di secondaria importanza, perché
emerge un nuovo paesaggio più consapevole. Ma cos’è che porta questi fotogrammi leggeri e vitali da un occhio che rifiuta di
fermarsi così vicino a noi? Semplicemente colore, che deve essere per forza puro, brillante,
intenso, quasi elettrico (come, in effetti, lo è). Vale dunque la pena sottolineare, in questo frangente,
come la mano dell’artista – in queste opere in particolare, ma nell’insieme dell’opera,
pure – ristabilisce una propria identità che l’alta tecnologia tende a mantenere
a distanza, distaccato. Qui, ancora una volta, Giorgi mostra la sua imprevedibilità. Le sue forme/
colori trovano il modo e il luogo perfetto per adagiarsi e
vi si radicano così profondamente da restituirci il suo inconfondibile punto di vista vitale, che noi, sotto la sua
guida, tendiamo naturalmente a completare, a cogliere nella sua interezza: siamo davvero di fronte a una finestra
aperta sul e sul mondo, vista nella prospettiva calda, umana, simpatica che
Gabriele Giorgi ha la capacità di ricreare ogni volta. Ciò diventa chiarissimo
innanzitutto nelle vedute aeree, quelle in cui l’occhio può spaziare ad
ampio raggio, semmai soffermandosi ed evidenziando la matrice che presentano, marcata
dall’intervento umano. Intendo per opera dell’uomo: campi coltivati, di grano, olivi
e viti, le loro caratteristiche, che ci sono, o dovrebbero esserci, così familiari, ma di cui
possiamo finalmente cogliere le dimensioni altrimenti ineffabili, fornite dall’aria il volo del passato
e il tempo che scorre, vissuti in modo diverso da ogni osservatore, dentro di sé.
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